LA CHIESA DI SAN GIOVANNI BATTISTA

CHIESA DI SAN GIOVANNI BATTISTA
La chiesa, che attualmente fa parte integrante del cimitero del paese, occupa una posizione eccentrica rispetto al centro abitato.
Le notizie che la riguardano sono ricavabili principalmente dalle visite pastorali compiute dai vescovi reatini all’interno della diocesi comprendente anche la Valle del Turano. 
La più antica notazione è quella contenuta nel registro delle chiese del 1398, trascritto all’interno delle memorie del Vescovo Saverio Marini, dove viene nominata la «Ecclesia S. Iohannis de Paganica mediam procurationem». Nel cinquecentesco registro della visita pastorale del Vescovo Osio, la chiesa di San Giovanni è ricordata come «anticamente matrice». In questa epoca l’edificio doveva comunque essere assai semplice, con le pareti prive di affreschi e dall’arredo molto contenuto.
Era, comunque, una chiesa adibita anche al culto con il suo corredo di arredi liturgici e di paramenti sacri.
Nel 1713 la chiesa già doveva svolgere una funzione analoga a quella odierna giacché viene ricordata come «sepolcrale» rispetto al centro abitato; interessante è poi particolare della primitiva esistenza del campanile.
La chiesa rimane con questa vocazione cimiteriale anche nel secolo successivo quando il vescovo Ascenzi, nel 1825, la descrisse con un unico altare, in buono stato, sormontato da un dipinto su tela raffigurante S.Giovanni Battista affiancato da San Nicola da Bari, santo protettore del Decollato.
La situazione e l’aspetto della chiesa degenerarono rapidamente sul finire del secolo quando mons. Mauri trovava la chiesa sconsacrata e adibita definitivamente a camposanto provvisorio.
Attualmente la chiesa è in parte adibita a sepolcro privato (atrio) mentre l’interno è arredato con pezzi del nostro secolo.

CATALOGO

Quattro frammenti di Pluteo in pietra arenaria.
a) Il pezzo mostra due elementi decorativi: sulla sinistra un motivo a nastro a tre capi annodato che forma una matassa; sulla destra è invece visibile una catena di nodi a ventaglio, definiti da un nastro a tre capi. All’estremità si nota la cornice di delimitazione della lastra.
b) Il pezzo mostra un motivo di due cerchi annodati a maglia mediante un nastro a tre capi diagonale che forma un rombo irregolare.
c) Il pezzo, vagamente triangolare, mostra un intreccio a matassa realizzato mediante un nastro a tre capi che forma irregolari motivi circolari.
d) Il pezzo mostra un intreccio a matassa realizzato con motivi a nastro a tre capi.
Questi quattro frammenti, oggi murati sulla facciata della chiesa di S. Giovanni, sembrano far parte di un unico complesso decorativo di epoca altomedievale. La loro tipologia sembrerebbe infatti far pensare ad un’epoca di realizzazione oscillante tra l’VIII e il IX secolo. A conferma di questa ipotesi vengono in nostro soccorso sia delle annotazioni documentarie che dei riscontri tipologici. Attraverso la letura del Regesto Farfense veniamo a conoscenza (doc. 561) che nel 1026 due abitanti della Valle del Turano, entrambi di nome Deodato, donarono parte dei loro beni alla chiesa dei SS. Rufo e Benedetto del territorio di Paganico. Una chiesa questa di cui non si hanno più tracce a partire dal XIV secolo: è quindi probabile che i frammenti in questione facessero parte del suo arredo interno. Sarebbe poi suggestivo ipotizzare che la chiesa di San Giovanni sia sorta proprio sfruttando le fondazioni dell’antica chiesa altomedievale. Infatti dalle memorie ottocentesche del Vescovo Ascenzi sappiamo che nel terzo decennio del secolo vennero compiuti degli scavi all’interno della chiesa al fine di risistemare il mattonato della pavimentazione, assai malmesso, e allo stesso tempo si provvede al riassetto funzionale della chiesa. Sarebbe quindi possibile pensare che proprio in questo arco di anni vennero riportate alla luce i frammenti in pietra murati sulla facciata, secondo una consuetudine assai diffusa, anche nella zona, come ci sta a testimoniare la vicina chiesa di S. Maria del Piano di Carsoli. La tipologia di questi quattro pezzi, già notati nel 1984 dallo Staffa, sembra rientrare perfettamente all’interno del corpus della scultura decorativa altomedievale. Il modulo della matassa intrecciata a tre capi che spartisce la superfice in moduli lineari semiparalleli creando soluzioni un po’ impacciate negli angoli, ben si ricollega alla produzione plastica di area longobarda. In questo caso si tratterebbe quindi di una importante testimonianza del primo insediamento altomedievale di Paganico risalente all’VIII – IX secolo.

Architrave del portale di ingresso.
Sull’architrave del portale esterno della chiesa è visibile una iscrizione incisa nella pietra il cui testo è stato erroneamente interpretato dallo Staffa come riferentesi alla data 1111. Sembrerebbe invece più corretto, alla luce delle segnature della cronologia paleografica, leggere il testo dell’iscrizione come 1513, giacché la numerazione finale in numeri romani [III] legata alla prima partizione in numeri arabi [151] non è infrequente. D’altra parte la facciata ed il portale, sormontato da una lunetta, sembrerebbero essere il frutto di una sistemazione successiva verificatasi qualche tempo dopo la fondazione dell’edificio ecclesiastico.

Acquasantiera
Questa acquasantiera posta all’esterno della chiesa sembra riferibile al XVI secolo. In questa data, infatti, l’assetto della chiesa doveva essere già completo come ci risulta dalla lettura della visita pastorale del Vescovo Osio.

Altri frammenti erratici
E’ stata rintracciata la pietra sacra (forse cinquecentesca), con l’incavo quadrangolare per il contenimento delle reliquie. Sulla facciata della chiesa sono poi murati anche due frammenti di colonne tagliati a sezione e un frammento di decorazione architettonica in marmo bianco.

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